mercoledì 30 settembre 2009

Borges, letterati e lettori

A me ogni tanto vengono certe idee malsane, come quando, stufo dei soliti romanzi da quattro soldi e dei soliti saggi sulla meccanica quantistica, decido di intraprendere la lettura di qualcuno di quei libri che non puoi non avere letto senza fare la figura dell'uomo della giungla zotico e allevato dalle scimmie (scimmie che si dedicano a battere a macchina opere di Shakespeare, ovviamente).

Succede regolarmente che poi mi ritrovi tra le mani un gran mattone, ma avendo la memoria di un pesce rosso mi dimentico all'istante di questa conseguenza. Qualche giorno fa eccomi dunque in libreria a comprare "Finzioni" di Jorge Luis Borges (che tra l'altro non ho ancora capito come si pronunci).

Borges: premio Nobel per la letteratura, osannato dalla critica e dal pubblico, uno dei più importanti ed influenti scrittori del XX secolo! (qui ci sta bene un "WOW" di ammirazione) Com'è logico immaginarsi, la mia aspettativa prima di leggere il libro era grande assai!

L'ho letto.

Ora: sarà che non sono abbastanza dotto, che i letterati di professione mi danno un po' fastidio, che alle opere dei premi Nobel dovrebbero allegare il foglietto illustrativo, che mal sopporto i libri che parlano di altri libri (veri, immaginari o non si sa) e gli sfoggi di erudizione mi fanno venire l'itterizia fin da quando vado al Liceo (a causa di certi compagni saccenti e presuntuosi), ma dei quattordici racconti della raccolta ne ho apprezzati la metà. E lungi da me l'idea di etichettarli come sublimi, superbi, inarrivabili, degni di essere accostati alla Bibbia, eccetera eccetera, come fa la maggior parte dei recensori su Anobii.

Già sento la colta turba dei letterati mormorare il suo sdegno e disappunto: "Non capisci niente!" "Torna a leggere Le Cronache del Mondo Emerso ed il libro delle barzellette di Totti!" "Ignorante!" "Illetterato!" "Bifolco!" "Villano!" "Capra!"

Statevene un po' calmi e zitti! E' vero: chi sono io per giudicare? Non sono mica un critico letterario di professione! La mia opinione di povero e ingenuo lettore, escluso dai circoli della Letteratura con la "L" maiuscola conta meno di uno sputo di cammello.
Ma mi è lecito chiedere quante persone, fra coloro che hanno gridato "Capolavoro!" dopo aver letto "Finzioni", fossero davvero convinte di ciò che stavano scrivendo e quante si siano limitate a giudicarla un'opera eccelsa solo perchè così sta scritto e perchè a chi dice che in fondo Borges non è poi 'sto grande scrittore accadrà che:
1) sarà etichettato a vita come un perfetto ignorante che di letteratura non capisce niente;
2) verrà messo faccia al muro con infilato in testa un cappello di carta con su scritto "ASINO" e pungolato da uno studente liceale ripetente vestito come Dante per lo spasso di donne e bambini.

Per quanto mi riguarda in "Finzioni" ho trovato alcuni racconti notevoli ed altri insignificanti. Tra i primi "Tlön, Uqbar, Orbis Tertius", "Le rovine circolari", "La lotteria a Babilonia", "La biblioteca di Babele", "Il giardino dei sentieri che si biforcano", "Il miracolo segreto" e "Tre versioni di Giuda". Gli altri non mi hanno particolarmente colpito.

I racconti di Borges mi ricordano un po' Eco e un po' Calvino (sono stati entrambi influenzati dallo scrittore argentino) e trovo un parallelo evidente con le opere astratte e visionarie di Escher. Borges gioca con le parole, ma lo fa un po' troppo secondo me. Lo stile artificioso, i tecnicismi, la prosa a tratti poco scorrevole rendono spesso la lettura pesante e difficoltosa e, sebbene le idee alla base dei racconti siano ottime, è arduo lasciarsi trasportare dalla narrazione. A ciò si aggiunge la traduzione di Franco Lucentini che in certi passaggi fa accapponare la pelle: il tentativo di renderla il più possibile letterale e spagnoleggiante risulta in un italiano scorretto ed illeggibile (cit. da "La lotteria a Babilonia": alcuni moralisti osservarono il possesso di monete non sempre determinare la felicità, ed esservi, forse, forme più dirette della fortuna). Se io scrivessi così gli editori mi cestinerebbero i manoscritti convinti di fare un grosso favore al genere umano!
In alcuni racconti il numero di citazioni ed invenzioni letterarie eccede decisamente il mio livello di sopportazione: piaceranno a chi delle lettere ha fatto una professione, non al lettore alla ricerca di un'opera di intrattenimento. Anche le idee filosofiche e metafisiche orientaleggianti che traspaiono tra le righe non mi hanno particolarmente scosso. C'è da dire che io giudico l'opera di Borges alla luce di tutto ciò che è venuto dopo di lui, forse questo è uno dei motivi per cui non colgo l'originalità dei suoi racconti fantastici. Considerando gli anni in cui ha scritto, devo ammettere che la sua capacità di coniugare i temi metafisici con quelli del fantastico e la sua influenza sugli autori che sono venuti dopo di lui è indiscutibile. Ma la mia prima impressione rimane immutata.

Con ciò non voglio dire che Borges, letto oggi, non sia un grande scrittore: questo giudizio spetta ai critici, la mia è solo un'opinione soggettiva risultante da una lettura superficiale di "Finzioni". Scavando più a fondo, rileggendo i racconti per la seconda volta come ho iniziato a fare ieri sera, esplorando altri livelli di lettura si trova molto di più, ma è una faticaccia immane. Perchè devo farlo? Io volevo rilassarmi dopo una giornata di lavoro!
"Finzioni" sarà un classico, ma sulla copertina dovrebbero appiccicarci un etichetta con su scritto: "PER LETTERATI". Il povero lettore alla ricerca di un libro piacevole, a mio modesto parere, rimarrà deluso e incapace si esprimere un giudizio senza ripetere pappagallescamente ciò che qualcun'altro ha già detto prima di lui.

Ho finito.

Parlare di letteratura mi diverte un sacco! Vi è un certo spirito anarchico e un qualcosa di provocatorio nel farlo, soprattutto considerando che durante le ore di lezione al Liceo ero sempre impegnato in altre attività. Potrei riscrivere il post sostenendo la tesi opposta e sarei sempre nel giusto dato che, a differenza della matematica, la letteratura è un'opinione dai risvolti ambigui in cui è vera ogni tesi e la sua antitesi. Questa però è l'ultima volta in cui perdo tempo a scrivere simili str... strumentalizzazioni delle parola scritta.

sabato 26 settembre 2009

L'ultima domanda di Isaac Asimov

Un'umanità in espansione verso le stelle. Un cosmo sempre più vecchio, freddo e morente.
Un'unica domanda, rivolta, in diverse epoche, ad un computer sempre più perfezionato e potente (oggi lo chiameremmo intelligenza artificiale): come invertire la seconda legge della termodinamica, come ridurre l'entropia del cosmo, come far avvampare nuovamente le stelle dalle loro stesse ceneri in modo da consentire all'umanità di sopravvivere in eterno?

Isaac Asimov scrisse "L'ultima domanda" (The last question) negli anni '50, quando i calcolatori erano macchine che occupavano interi palazzi e sul destino ultimo dell'universo si potevano fare solo speculazioni, ma nonostante ciò il racconto conserva un incredibile fascino ed è giustamente considerato una delle migliori storie di fantascienza mai scritte.

Allo stato attuale della ricerca fisica e cosmologica, il "Big Freeze", ovvero un cosmo prossimo allo zero assoluto, buio e in cui rade particelle elementari viaggiano separate da distanze incommensurabili, sembra l'ipotesi più probabile per il destino ultimo dell'universo. E' probabile che nessun essere umano vivente debba affrontare questo futuro, nemmeno se le profezie più esotiche di Ray Kurzweil si dovessero avverare. Ma per quanto questo orizzonte sia distante eoni dalla nostra epoca e le sfide che l'umanità deve affrontare oggi siano altre, l'importanza filosofica della domanda non è da poco. La vita è destinata da estinguersi per l'eternità? Non c'è modo di sfuggire al grande freddo?

Multivac, il primo calcolatore a cui viene rivolta la domanda, ed i suoi successori, che per miliardi di anni cercheranno di trovare la risposta, alla fine la troveranno. Per scoprirla non dovete fare altro che leggere il racconto!

Lo trovate nella raccolta "Il meglio di Asimov", edita da Mondadori, oppure nello scaffale fantascienza della mia libreria.

giovedì 24 settembre 2009

Notturno di Isaac Asimov

Lagash. Un mondo illuminato da sei soli, in cui non è mai calata la notte e nessuno ha mai visto le stelle. Secondo i calcoli degli scienziati e la profezia contenuta nel Libro delle Rivelazioni, solo una volta ogni 2500 anni sul pianeta cala la Grande Oscurità a cui segue la fine della civiltà e un nuovo inizio.
Quel momento è ormai prossimo.
Chiusi in un osservatorio, un gruppo di scienziati, uno psicologo e un giornalista attendono che Beta, l'ultimo sole di Lagash, scompaia dal cielo. Cosa accadrà quando l'ultimo barlume di luce scomparirà e brilleranno le stelle? Perchè le civiltà di Lagash cadono e rinascono ogni volta che si compie il ciclo? Cos'è il fuoco che piove dal cielo di cui parla la profezia?

Isaac Asimov scrisse "Notturno" (Nightfall, 1941) all'età di 21 anni. In seguito disse che nessuno prima di lui aveva mai scritto niente di simile e nessuno dopo di lui potrà fare altrettanto. Da molti questo racconto breve è considerato il migliore dello scienziato-scrittore e una delle pietre miliari della fantascienza. Ritengo che etichettare un racconto come migliore sia un giudizio sterile e poco significativo, ma "Notturno" è senza dubbio un capolavoro, che mi ha tenuto incollato alle pagine dall'inizio alla fine.

Come reagirebbe una civiltà se scoprisse all'improvviso la vastità incommensurabile del cosmo? Se gli abitanti di un pianeta si accorgessero da un momento all'altro di essere solo un tassello insignificante dell'universo? Questa è la domanda a cui Asimov cerca di rispondere in "Notturno"; la risposta, inquietante e sicuro spunto di riflessione, è contenuta nel racconto.

"Notturno" è inserito nella raccolta "Il Meglio di Asimov", disponibile presso Oscar Mondadori. Nel libro è presente un altro famosissimo racconto dello scrittore, "L'ultima domanda", di cui parlerò appena ci arriverò!

giovedì 17 settembre 2009

Coincidenze cosmiche, vortici di prospettiva totale e marshmallows

Qualche giorno fa ho fatto un sogno meraviglioso, di quelli che vorresti trattenere a tutti i costi prima che si dissolvano e che ti fanno sentire in pace quando ti svegli.
Ero sul terrazzo di casa mia, di notte. Tutte le luci erano spente, vi era un profondo silenzio. Stando seduto sul pavimento osservavo il cielo notturno, ma era un cielo che nessun uomo può mai avere visto: le stelle e le galassie erano milioni, potevo vedere nebulose e strutture che si diramavano nello spazio immerse in luce di mille colori; potevo vedere le stelle muoversi nel cielo, nascere e morire sotto i miei occhi, mentre le spirali delle galassie compivano il loro giro. Era come se in un istante passassero centinaia di milioni di anni e io mi trovassi in una terrazza in mezzo al cosmo. Tutto ciò che mi circondava era scomparso, a parte il firmamento.

E' stato un sogno decisamente mistico e kungfuico, un po' come vedere l'universo con gli occhi di Dio. E mi ha fatto riflettere.

Quanto è speciale il nostro posto nel cosmo? Ho già fatto questa domanda alla fine del post intitolato Quanto piccoli siamo! (diamo un po' di numeri).

Per cercare di rispondere possiamo fare riferimento a due principi: il Principio Copernicano ed il Principio Antropico.

Il Principio Copernicano, che prende il nome da Niccolò Copernico, afferma che la Terra non è in una posizione di particolare privilegio nell'universo. Osservando il cosmo su una scala opportunamente grande, esso appare infatti estremamente isotropo ed omogeneo (quest'ultima affermazione è un enunciato del Principio Cosmologico).

Il Principio Antropico ha invece diverse varianti, ma tutte tese a sottolineare che noi viviamo in un universo che di fatto permette la nostra esistenza come osservatori e che quindi la nostra posizione nello spazio e nel tempo è necessariamente privilegiata.

Abbiamo due principi che portano, almeno all'apparenza, a conclusioni diametralmente opposte. Ho scritto all'apparenza perchè, secondo me, l'incompatibilità è solo una questione di prospettiva.

Se consideriamo l'universo nel suo insieme, le coincidenze che permettono lo sviluppo della vita intelligente sono a dir poco incredibili. La nascita e l'evoluzione del cosmo dipendono da un insieme di costanti cosmologiche con valori precisi, una cui infinitesima variazione all'inizio dello spazio e del tempo sarebbe stata sufficiente perchè l'universo appena nato restasse buio per l'eternità o la materia non si aggregasse mai a formare le galassie, le stelle e i pianeti. Queste coincidenze cosmiche rendono l'universo molto speciale, FORSE.

Ci sono sostanzialmente due ipotesi perchè le coincidenze che hanno portato alla nostra esistenza siano verificate (a cui ne aggiungo una terza pour parler):

- la prima è l'ipotesi della taratura fine (
fine tuning), secondo cui le costanti cosmologiche dell'universo devono essere tali da permettere la nascita della vita intelligente (è una constatazione). Questa ipotesi è molto attraente per i creazionisti, dato che fra un universo a taratura fine e l'esistenza di un Dio creatore il passo è breve. Ma per quanto renda il nostro cosmo estremamente speciale, è anche una tautologia;

-la seconda ipotesi è quella del multiverso, secondo cui al di fuori del nostro spazio-tempo co-esistono altri universi alternativi in cui le costanti cosmologiche possono assumere qualsiasi valore compatibile con le leggi fisiche; solo negli universi adatti a sostenere la vita intelligente essa può interrogarsi sulla propria esistenza; questa ipotesi è in grado di spiegare, senza il bisogno di ricorrere ad un Dio creatore, perchè ci siamo, ma rende il nostro universo uno fra i tanti;

-nella terza ipotesi voglio considerare una futura Teoria del Tutto in cui si scopra che le costanti cosmologiche possano assumere solo certi valori e non altri, cioè in cui l'equazione dell'universo sia unica. In tal caso l'universo sarebbe così non per un atto di volontà e nemmeno per caso, ma perchè così dev'essere. Lascio a voi pensare alle conseguenze.

Questo per quanto riguarda l'universo nel suo insieme. Consideriamo ora le strutture del nostro universo su larga scala, su piccola scala e nel tempo.

Su larga scala (cioè per dimensioni dello spazio maggiori dei superammassi galattici) non esiste una posizione spaziale privilegiata nel cosmo perchè la vita si sviluppi. Questa considerazione è in accordo con il Principio Cosmologico secondo cui l'universo è estremamente isotropo.
Su piccola scala invece le cose cambiano, poichè l'universo è eterogeneo. Il tipo di galassia, la posizione nella galassia, il tipo di stella, la posizione nel sistema stellare e via dicendo sono fattori molto importanti affinchè si sviluppi la vita. Da questo punto di vista la nostra posizione nel cosmo è privilegiata.
Anche nel tempo la nostra posizione è privilegiata. In un universo troppo giovane, caldo e pieno di radiazione, la vita non avrebbe potuto svilupparsi. Tanto per fare un esempio, gli elementi pesanti indispensabili alla vita sulla Terra sono polvere di stelle, generati da supernove di una generazione precedente al nostro Sole. Allo stesso modo, un universo troppo vecchio e freddo, dominato dai buchi neri, in cui tutte le stelle hanno esaurito il proprio combustibile nucleare, difficilmente potrebbe sostenere la vita. Viviamo in una sorta di età dell'oro cosmologica.

Abbiamo dunque visto che, per quanto su larga scala la nostra posizione nel cosmo non sia privilegiata e quindi nell'universo possano esistere altre "terre" in grado di sostenere la vita intelligente, nella nostra porzione di spazio il posto occupato dalla Terra sia molto speciale. (Personalmente credo che le condizioni necessarie perchè una civiltà si sviluppi si verifichino molto raramente e che, nella Via Lattea, le civiltà extraterrestri si possano contare sulla punta delle dita. Data la complessità dell'argomento non voglio approfondirlo ulteriormente in questo post, ma ne parlerò più diffusamente in futuro.)
La stessa cosa è vera nel tempo.

Tutto cambia quando si considera l'universo nel suo insieme: se esso fosse unico, la nostra esistenza sarebbe davvero un evento speciale e lascerebbe spazio all'ipotesi di un atto di volontà al suo principio. Se invece esso fosse parte di uno sterminato multiverso, saremmo solo il frutto di un caso, una probabilità che di tanto in tanto si verifica negli universi adatti.

A seconda della risposta il (non-)senso delle nostre vite potrebbe assumere significati molto diversi. Ma mica vorrete che ve lo spieghi io!

Nel romanzo di Douglas Adams "Ristorante al Termine dell'Universo" è descritta una macchina chiamata "Vortice di Prospettiva Totale", in grado di mostrare l'immensità infinita del cosmo in rapporto a chi la utilizza e, in seguito a questa rivelazione, di annientarne completamente il cervello.

Immaginare quanto sia grande il cosmo è un'impresa assai difficile, impossibile se si considera il multiverso, soprattutto per degli essere viventi insediati sulla superficie di un pianeta. Tutte le volte che ho tentato di figurarmelo ne sono uscito sconfitto e un po' provato: ho come l'impressione che il cervello stenti ad adattarsi ad una tale immensità. Il cosmo è decisamente sproporzionato e, come scrive Adams, se vita dev'esserci in un Universo di tal fatta, l'unica cosa che non può permettersi di avere è il senso delle proporzioni.

Cosa centrano i marshmallows? Niente, ma sono buoni.

MMM... marshmallows...

venerdì 4 settembre 2009

Quanto piccoli siamo! (diamo un po' di numeri)

Che la Terra sia un piccolo pianeta in uno dei miliardi di sistemi stellari in una delle migliaia di miliardi di galassie che popolano l'universo visibile lo sanno tutti!

Poichè il Big Bang è avvenuto circa 13,7 miliardi di anni fa, il raggio dell'universo visibile è di 13,7 miliardi di anni luce. Tutto ciò che sta al di là di questo orizzonte è per noi inconoscibile. Per andare da un'estremità all'altra del cosmo bisogna percorrere 259231400000000000000000 km (700 miliardi di miliardi di volte la distanza Terra-Luna) e, volendo intraprendere il viaggio, non son sicuro che il serbatoio della mia C3 sarebbe abbastanza capiente!

Fin'ora abbiam parlato del cosmo visibile: ma cosa c'è al di là, nelle regioni dello spazio che non possiamo vedere?

Secondo la teoria dell'inflazione cosmica, proposta per la prima volta dal fisico del MIT Alan Guth, nei suoi primi istanti di vita (più precisamente nel primo trilionesimo di trilionesimo di secondo) l'universo, spinto da una misteriosa forza antigravitazionale, ha attraversato una fase di accelerazione esponenziale talmente rapida da allontanare le regioni dello spazio ad una velocità superiore a quella della luce (ciò non viola la teoria della relatività poichè stiamo parlando di espansione sovraluminale dello spazio vuoto) confinandole in tal modo oltre l'orizzonte entro cui possiamo osservarle. L'universo che vediamo intorno a noi non è altro che una piccolissima porzione di spazio ingrandita dall'inflazione a dimensioni cosmiche ed in cui le fluttuazioni quantistiche precedenti all'espansione hanno generato le piccole anisotropie che in seguito hanno dato vita alle strutture che possiamo osservare (gli ammassi di galassie, le galassie, ecc.). La teoria dell'inflazione cosmica spiega molto bene alcuni enigmi: ad esempio perchè l'universo sia così omogeneo (le più recenti misure della radiazione cosmica di fondo mostrano fluttuazioni di una parte su centomila) e perchè lo spazio-tempo sia così "piatto" (l'universo può essere descritto da una geometria con curvatura prossima allo zero - per capire questo concetto potete immaginare il nostro universo come un minuscolo puntolino sulla superficie di un palloncino: l'universo appare piatto perchè le sue dimensioni sono infinitamente più piccole rispetto a quelle del palloncino). Recenti esperimenti (come ad esempio le missioni della sonda WMAP - Wilkinson Microwave Anisotropy Probe) hanno prodotto risultati in accordo con la teoria, rendendola in tal modo un modello falsificabile. Altri progetti dedicati allo studio delle onde gravitazionali (tra cui LISA - Laser Interferometer Space Antenna) potrebbero nei prossimi anni dare ulteriori conferme o smentite.

Se la teoria dell'inflazione cosmica si rivelerà corretta, quanto è esteso il cosmo al di fuori dell'orizzonte cosmologico? Dove sono i confini dell'universo?

Bisogna fare un altro po' di calcoli. In una frazione di secondo l'universo si espanse di un fattore inimmaginabile, pari forse a 10^50 (10 seguito da 50 zeri - valore da verificare). Considerando un raggio dell'universo visibile pari a 13,7 anni luce abbiamo che l'universo reale è 10^50 volte più esteso del cosmo che osserviamo, ha cioè un raggio di 1370000000000000000000000000000000000000000000000000 anni luce pari a 12961570000000000000000000000000000000000000000000 000000000000000000000000 km. Non son sicuro dell'esattezza di questi calcoli (in particolare non son sicuro che sia corretto moltiplicare le dimensioni dell'universo visibile per il fattore di espansione in modo da ottenere le dimensioni dell'universo reale, forse bisognerebbe calcolare quanto era grande l'universo visibile prima della fase inflazionaria e dedurre il risultato dalla curvatura dello spazio e dalla velocità di espansione), ma ciò può per lo meno dare un'idea di quanto l'intero cosmo sia esteso. Per visualizzarlo potete immaginare che l'intero cosmo visibile sia più piccolo di un atomo immerso in un cosmo invisibile che si estende fino all'orizzonte cosmologico.

E' finita qua? Certo che no. Bisogna infatti rispondere ad alcune domande: cosa ha scatenato l'inflazione? Perchè si è fermata? Se si è verificata una volta, può succedere ancora?

Tra le numerose proposte di spiegazione a queste domande c'è una teoria molto affascinante: quella dell'universo a bolle, suggerita dal fisico russo Andrei Linde. Secondo questa teoria gli universi si generano di continuo gli uni dagli altri. Dalla schiuma quantistica di un universo genitore germogliano e poi si staccano universi figli, da cui a loro volta germogliano e si staccano altri universi in un processo continuo senza né capo né coda. In quest'ottica il nostro universo potrebbe essere una piccola bolla in un oceano sconfinato di altre bolle. Ma il cosmo non era già abbastanza grande? Pare di no. Comunque è ora di darci un taglio (anzi una rasoiata di Occam) e di porsi una domanda (fin'ora ho dato solo i numeri): il nostro posto nell'universo ha qualcosa di speciale?

Alla prossima puntata.

giovedì 3 settembre 2009

Piantala di dire a Dio che cosa fare con i suoi dadi!

I temporali stanno spazzando via l'estate e ciò mi fa ricordare che dovrei mettermi a studiare per l'Esame di Stato. Lo farei volentieri, ma cercare di comprendere la meccanica quantistica è molto più divertente (ognuno si diverte a modo suo)! Il problema è che mi servirebbero delle giornate di 36 ore, o meglio ancora di 48! Dopo due mesi (o anche meno) mi verrebbe una crisi psicotica, ma almeno riuscirei a fare tutto quel che voglio. In assenza di una dilatazione temporale sono costretto ad usare tutti gli attimi disponibili (che includono la colazione, la pausa pranzo e le ore piccole della notte) per studiare, col risultato che la crisi psicotica mi verrà entro un mese anziché due, soprattutto se dovrò infilarci pure le ore di studio per l'Esame.

Il mio viaggio nel mondo della meccanica quantistica è solo all'inizio. L'idea di mettermi a studiare la teoria in modo dettagliato da un punto di vista matematico è al di là delle mie possibilità (a meno che decida di prendere una seconda laurea in fisica): per il momento mi accontento di intuire anziché capire a fondo, nella speranza che ciò sia sufficiente ad affrontare i problemi filosofici che ne derivano.

Avendo per ora un'idea vaga e (probabilmente) sbagliata di certe nozioni non mi assumo nessuna responsabilità per le bestialità che potrei scrivere, né per i risultati delle mie speculazioni. Ciò che mi preoccupa è la mia capacità di spiegare ciò che nemmeno io capisco fino in fondo. Beh, potete sempre smettere di leggere, anzi ve lo consiglio! Ma resta il fatto che non posso fare a meno di sentirmi deluso quando mi accorgo che le mie parole e la mia capacità di comunicare immiseriscano le idee che ho in testa. Citando Stephen King: "le cose più importanti sono le più difficili da dire". Ma che c'entra ora? Boh!

Proseguiamo, anzi iniziamo da un "breve" preambolo.

Per tutta la vita Einstein cercò di demolire la teoria che all'inizio del XX secolo aveva contribuito a creare e che nel 1921 gli era valsa il premio Nobel per la fisica. Indovinate qual è? Bravi: proprio la meccanica quantistica. "Dio non gioca a dadi" disse fino alla morte, fermo nella sua fede deterministica. Ma la sua perplessità non fu premiata.
La meccanica quantistica è la teoria fisica con più dimostrazioni sperimentali di tutti i tempi e ci dice che la realtà è molto diversa da quella che appare ai sensi. Il cosmo laplaciano, in cui tutto è determinato come i meccanismi di un orologio e in cui un diavoletto, conoscendo la posizione e la velocità di ogni particella dell'Universo, potrebbe prevedere il futuro, è solo un'illusione. Nel mondo microscopico (ma gli ultimi risultati sperimentali suggeriscono che tali conclusioni si possano estendere anche ad oggetti macroscopici come i virus) una particella può trovarsi in più stati contemporaneamente, secondo una legge di probabilità descritta da una funzione d'onda. Solo quando la osserviamo essa "collassa" in uno stato determinato. Secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg, inoltre, è impossibile conoscere con precisione infinita e allo stesso tempo la posizione e la velocità di una particella. Più conosciamo con precisione la posizione, più la velocità diventa indeterminata e viceversa. Ciò che ci si può chiedere è se questa indeterminazione sia dovuta solo ai nostri strumenti di misura e se un oggetto quantistico possieda a priori delle caratteristiche che non siamo in grado di determinare: la risposta è no. Prima dell'osservazione una particella si trova effettivamente in più stati. Questo risultato implica la fine del determinismo da un punto di vista ontologico.

Ma le conseguenze filosofiche non finiscono qua. Sebbene la meccanica quantistica abbia un ampio riscontro sperimentale, alcune sue proprietà lasciano spazio ad interpretazioni differenti e a dibattiti che proseguono da decenni. Il collasso della funzione d'onda che produce la transizione dal regime quantistico al regime classico ha una realtà oggettiva? Se la risposta è sì da cosa è causato? E' un fenomeno fisico fondamentale o è dovuto ad altri fenomeni? Le risposte e le interpretazioni che scaturiscono da domande di questo tipo sono molteplici. Secondo l'interpretazione ortodossa (di Copenhagen) il procedimento dell'osservazione estrae uno stato a caso tra quelli possibili, rompendo così l'evoluzione quantistica del sistema osservato. Secondo la decoerenza la transizione avviene a causa dell'interazione di un oggetto quantistico con l'ambiente in cui è inserito (per questo motivo nella nostra esperienza quotidiana non osserviamo gatti di Schrodinger sia vivi che morti: la probabilità che essi si trovino in uno stato di sovrapposizione ha una probabilità infinitesimale). Un'altra risposta vuole che il collasso sia dovuto alla coscienza del primo osservatore. Questa interpretazione, portata alle estreme conseguenze, implica l'esistenza di un osservatore cosmico che permette alla Luna di esistere anche quando non c'è nessuno a guardarla. Ci sono interpretazioni secondo cui l'universo è innanzitutto informazione. Un'altra è l'interpretazione a molti mondi, secondo cui ogni transizione crea una linea d'universo distinta. E via discorrendo...

Sì lo so che non c'avete capito quasi un H (mea culpa). La prossima volta cercherò di spiegarmi meglio. Resta il fatto che di fronte a certi argomenti (superato lo shock conseguente all'intuizione iniziale) io vado in brodo di giuggiole!

Arriviamo ora alle mie personali speculazioni, che riguardano l'interpretazione molti mondi. "Troppo assurda per essere vera" a detta di molti e che fa a pugni (almeno in apparenza) col principio chiamato Rasoio di Occam (secondo cui la spiegazione più semplice è sempre quella giusta). Forse è così e forse no. Solo una Teoria del Tutto potrà dirlo.

Nell'attesa di una tale Teoria, l'interpretazione molti mondi mi attira e mi inquieta al tempo stesso.

Mi attira perchè salva il determinismo e permette di conciliare la visione del continuum-spazio-tempo della teoria della relatività con l'indeterminazione di fondo della meccanica quantistica (almeno penso - non esistendo una teoria della gravitazione quantistica che la includa è tuttavia per sua natura incompleta). In una visione classica il continuum-spazio-tempo è qualcosa di determinato: ogni momento (chiamiamolo Adesso) è dotato di un'esistenza a-temporale. Esiste. In eterno. Ho già affrontato questa discussione in Le conseguenze esistenziali dei viaggi nel tempo, ma senza considerare la meccanica quantistica. Se la consideriamo ci accorgiamo che è incompatibile con questa visione. Il cosmo descritto dal continuum-spazio-tempo è privo di qualsiasi indeterminazione, è un cosmo laplaciano, in un Adesso tutto è determinato, ma ciò non è possibile se consideriamo quanto detto prima. L'interpretazione molti mondi è conciliabile con la visione del continuum e anche con l'evidenza sperimentale del nostro universo perchè realizza ogni possibilità in linee d'universo diverse: il cristallo quadridimensionale formato dal continuum-spazio-tempo si trasforma in qualcosa di molto più complesso: un cristallo multidimensionale in cui co-esistono tutti gli Adesso di tutti gli universi. Se consideriamo un osservatore esterno al Multiverso (cioè alla somma di tutti gli universi) l'indeterminazione ontologica è eliminata, mentre si conserva nei singoli universi l'indeterminazione gnoseologica per un osservatore interno ad essi. Non credo di essere stato molto chiaro, ma fa lo stesso! Dimenticavo: questo modo di estendere il continuum a più universi risolve tutti i paradossi legati ai viaggi nel tempo e mi è venuto in mente mentre ero fermo al semaforo.

Vediamo ora perchè mi inquieta. Non è tanto a causa dell'esistenza di un Multiverso in cui tutte le possibilità si realizzano, nè per il numero infinito di miei cloni quantistici che infestano gli universi paralleli (uno che fa l'agente segreto, uno che porta le lenti a contatto al posto degli occhiali, uno che si è appena lanciato col bungee jumping dal Tower Bridge, uno psicopatico che va in giro a sgozzare la gente, uno che vive nel più meraviglioso dei sogni, uno sprofondato nel peggiore degli incubi) perchè in fondo vivono in realtà distinte dalla mia che non potrò mai osservare, ma è il problema della scelta che mi manda in paranoia. Se penso che ogni volta che mi trovo di fronte ad una scelta non compio alcuna decisione, ma semplicemente una fluttuazione quantistica nel mio cervello da vita a delle linee d'universo in cui tutti gli esiti si realizzano e di cui divento cosciente dopo che si sono realizzati, allora mi rendo conto che questa interpretazione è in grado di privare l'esistenza di qualsiasi senso etico e morale (in effetti non possiamo ritenerci responsabili di nessuna decisione, visto che tutte si realizzano). Ma non è finita: implica infatti la totale privazione del libero arbitrio e lega l'esistenza ad un destino cosmico in cui tutte le possibilità compatibili con le leggi della Natura si realizzano! Per la barba di Merlino!

Ho altre idee che mi frullano per la testa, ma per ora mi fermo qui.

Anche con l'introduzione della meccanica quantistica nei miei ragionamenti, il problema di coscienza di cui ho parlato in Un problema di coscienza (per l'appunto!) rimane insoluto. Gli Adesso si sono moltiplicati, ma come la coscienza del presente salti da un Adesso all'altro (anzi, da un Adesso a tutti i molteplici Adesso che ne derivano) rimane sempre un'incognita. Ho però scovato un saggio di Penrose (Ombre della mente) e uno di Libet (Mind Time) che potrebbero aiutarmi a districarmi nella soluzione di questo problema (o al limite a gettare altra benzina sul fuoco!).

Post scriptum: questo è probabilmente il post più incomprensibile che io abbia mai scritto.

Post post scriptum: la frase del titolo la disse Bohr ad Einstein.

Post post post scriptum: il prossimo post riguarderà la teoria dell'Universo inflazionario. Stay tuned!

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