lunedì 15 giugno 2009

Un problema di coscienza

Questo post chiude (almeno per il momento) il lungo discorso iniziato in 42 o la storia di come sono diventato un miscredente e proseguito ne I limiti della nostra percezione e Le conseguenze esistenziali dei viaggi nel tempo. Questa è la serata meno adatta per mettermi a discorrere di certi argomenti: il clima tropicale di oggi mi ha risucchiato le energie, il caldo afoso mi incricca gli ingranaggi cerebrali (soprattutto quelli dedicati alla scrittura) e una vocina nella mia mente continua a sussurrarmi: mare mare mare. Nonostante le condizioni avverse, cercherò di scrivere qualcosa di decente.

Ci eravamo lasciati dando una descrizione ed analizzando le conseguenze di quello che gli scienziati ed i filosofi chiamano continuum-spazio-tempo: un lungo fiume ghiacciato in cui il tempo non scorre, è; in cui presente, passato e futuro perdono significato ed in cui l'esistenza segue il percorso tracciato da una linea d'universo pre-determinata. Un Universo dominato dal Destino.

Questo modo di vedere, per quanto cupo e deprimente possa sembrare, potrebbe non essere così distante dalla vera natura del cosmo. Esso è il risultato di un'elaborazione mentale che ho seguito qualche anno fa e che, tutt'oggi, non ha subito molte modifiche, ma solo qualche obiezione. La visione del cosmo ghiacciato (presa con le pinze dell'aleatorietà) potrebbe essere la causa del mio vedere tutto o bianco o nero, tuttavia addentrarmi nel dedalo dei miei personali problemi esistenziali non è quel che voglio fare stasera. Il mio obiettivo è infatti insinuare il dubbio in quel che ho scritto l'altra volta.

Premetto che sto per addentrarmi in sentieri oscuri, almeno per me, e che i miei pensieri a riguardo sono una matassa aggrovigliata: presto tornerò ad indagare per sbrogliarla, ma nel frattempo accontentatevi di quel che ho da dire.

La visione del cosmo ghiacciato o, come preferisco chiamarlo io, del serpente Uroboro mi sembrava comoda e sensata, fino a quando non mi sono scontrato col problema della coscienza.
Un oggetto inanimato o un essere vivente privo di coscienza (un'ameba) ben si adattano a questa cornice cosmica. Ma lo stesso non si può dire di un essere cosciente, come noi figli di Adamo.
Prima di spiegare il perchè, parliamo un attimo della coscienza.

La coscienza è tutt'ora un mistero inspiegabile per la scienza. I meccanismi neurologici tramite cui essa si manifesta sono oscuri, le spiegazioni a riguardo insoddisfacenti. In modo molto generale e semplificato potremmo ipotizzare che essa non sia altro che la manifestazione di un'accresciuta complessità della rete sinaptica del nostro cervello, un fenomeno fisico-chimico emergente e perfettamente spiegabile usando le leggi della natura. La stessa percezione del tempo, il motivo per cui ricordiamo il passato, ma non il futuro, è spiegabile se ipotizziamo che il nostro Io sia determinato in ogni istante dallo stato fisico-chimico del nostro organismo e (più specificatamente) del nostro cervello. Il modo in cui si accumula l'informazione nei sistemi fisici, coerente con la freccia del tempo termodinamica, spiegherebbe in particolare l'origine della memoria e i principi della fisica e della chimica tutto il resto (avevo trovato una spiegazione molto interessante sul problema della coscienza leggendo Il Mondo di Sofia, più precisamente in un passaggio riguardante il filosofo David Hume; tuttavia, avendo perso il libro e non avendo voglia di mettermi a sfogliare i tomi di filosofia del Liceo, lo inserirò dopo aver fatto una visita in biblioteca o in libreria).

Questo quadro meccanicistico, per quanto presenti molte lacune e misteri, potrebbe essere sensato, ma (e qui si intromettono i miei ragionamenti poco ortodossi) solo in un'Universo in cui il tempo scorre. Perchè? Cercherò di spiegarlo il più chiaramente possibile, per quanto la consideri un'impresa ardua.
Prendiamo una successione qualsiasi di istanti nel tempo: ad esempio lo scoccare della mezzanotte di Capodanno degli ultimi cinque anni. Guardando il continuum-spazio-tempo dall'esterno, in ognuno di questi istanti c'è un nostro Io cosciente (magari un po' brillo) che è convinto di essere nel momento presente. Se consideriamo un istante temporale alla volta la cosa ha senso, ma non se consideriamo la nostra esistenza nella sua interezza. Il nostro essere coscienti non si cristallizza infatti in un singolo istante di tempo, ma segue una progressione che avanza nel tempo. Siamo coscienti di un istante, poi di un altro, poi di un altro ancora e via così: dalla prima manifestazione di coscienza fino alla morte. Come avviene questo "passaggio di coscienza"? In un Universo eracliteo in cui tutto scorre la spiegazione è semplice: col passare del tempo il nostro stato fisico-chimico evolve e con esso quella proprietà emergente che chiamiamo coscienza, ma in un cosmo parmenideo (ah, dimenticavo: qualche giorno fa mi sono ricordato che il primo a parlare di un Essere immutabile, ingenerato, finito - nel senso di completo -, immortale, unico, omogeneo, immobile ed eterno fu Parmenide di Elea), anche ipotizzando che in ogni singolo istante la nostra coscienza emerga per ragioni meccanicistiche, come si spiega il nostro percorso lungo la linea d'universo? Badate bene (lo ripeto per l'ennesima volta): il problema non è la coscienza di sé in più istanti, ma l'attraversare ognuno di questi istanti nel corso della nostra vita.

Forse c'è qualcosa che mi sfugge, forse devo solo scostare un ulteriore velo per smascherare quest'illusione, ma nel frattempo il dubbio mi rimane ed il problema della coscienza si scontra con l'essenza del serpente Uroboro che ho descritto l'ultima volta. Per come la vedo in questo istante, le due cose sono incompatibili e si escludono a vicenda. Per metterle insieme potrei addirittura giungere a parlare di anima, ma prima dovreste farmi bere (per dirla tutta, l'altra mattina stavo immaginando questa essenza fuori dallo spazio e dal tempo che si impossessa degli organismi fisici come un demone de L'Esorcista, ma mi sono interrotto quando ho centrato un marciapiede con la macchina).

Un altro problema che mi sono posto, per me assolutamente secondario rispetto a quello della coscienza (ma di certo non meno importante) e che forse potrei risolvere rimettendomi ad indagare, riguarda la pre-determinazione del cosmo ghiacciato. In questo cosmo che fine fanno i principi della meccanica quantistica? Il principio di indeterminazione di Heisenberg, che ha mostrato l'infondatezza del meccanicismo deterministico laplaciano, vale solo per gli osservatori? Osservando il continuum-spazio-temporale dall'esterno ci accorgeremmo che Dio non gioca a dati, come diceva Einstein? Un cosmo pre-determinato non è per sua natura privo di elementi aleatori? Scopro ora che il problema c'è sul serio: il realismo locale, cioè l'assunto che tutti gli oggetti fisici debbano possedere un valore pre-esistente per ogni possibile misurazione prima che questa sia effettuata, è rifiutato dalla meccanica quantistica.

La strada che conduce verso la verità è ancora lunga...

Chiudo qui. I vaneggiamenti filosofici torneranno prossimamente, ma prima mi serve qualche giorno di pausa e un po' di pioggia! Nei prossimi giorni mi dedicherò ad argomenti più soft.

Post scriptum. Per finire il post mi sono trasferito nella mia nuova Torre di Cristallo che, pur non essendo finita, gode di un'ottimo clima frizzante grazie al climatizzatore. Brrr fa quasi freddo!

2 commenti:

Simone ha detto...

Per me la coscienza oltre a essere "inutile" (visto che la vita non ne avrebbe bisogno) è l'unica componente che si distacca dalle meccaniche di azione e reazione.

Nell'universo tutto avviene secondo leggi prestabilite. La coscienza però può scegliere di fare ciò che non è ovvio, anche contro i propri interessi.

Questo per me giustifica anche o per lo meno rende interessante il discorso della vita e della natura come substrato per un qualcosa di più "importante". Un finalismo insomma secondo cui il pensiero non è un prodotto casuale ma un obiettivo di qualcosa a noi tuttora sconosciuto.

Simone

Mr. Lunastorta ha detto...

Lo studio della coscienza è molto interessante, così come fermarsi per un attimo a ragionare su ciò che siamo: può portare a conclusioni inaspettate. Mi domando se un giorno riusciremo davvero a capire noi stessi. Forse certe risposte non andrebbero cercate ai confini dell'Universo, ma semplicemente nella nostra natura di esseri umani.

Ti potrebbero anche interessare:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...